Anche a voi capita, quando dovete usare il telecomando della vostra smart TV, di stare alcuni minuti a cercare il pulsante che vi serve? Oppure di dover prendere il manuale di istruzioni per far partire che so, una lavatrice o un tostapane? Oppure, esempio molto più banale…di spingere una porta che si dovrebbe tirare e viceversa?
Tranquilli, non siete impediti. È il cattivo design la causa di queste piccole frustrazioni della vita quotidiana.
L’importanza dell’interfaccia
Torniamo all’esempio della porta. Cosa si può fare con una porta, se non aprirla e chiuderla? Eppure, perché spesso ci sbagliamo? Secondo Norman, un oggetto ben progettato deve essere in grado di fornire informazioni per il suo uso, senza bisogno di procedere per tentativi ed errori.
È l’interfaccia che permette la comunicazione tra due sistemi: essa non deve essere necessariamente grafica, può essere vocale (es. servizio informazioni di una compagnia telefonica), tattile (la maniglia di una porta) ecc.
L’interfaccia deve saper trasmettere la cosiddetta affordance, ovvero quella proprietà degli oggetti che invita al loro corretto utilizzo. Per esempio manopole e maniglie sono fatte per essere girate o afferrate, un pulsante per essere premuto, una fessura per infilarci dentro qualcosa. Quando questi inviti all’uso sono sapientemente sfruttati non sono necessari cartelli esplicativi, figure e etichette.
La disciplina che si occupa di questo campo di studi è l’ergonomia cognitiva.
Che cos’è l’ergonomia cognitiva
Quando sentiamo parlare di ergonomia ci vengono in mente sedie confortevoli che si adattano alla forma del proprio corpo, oppure in generale comodità e facilità d’uso. Questa è l’ergonomia fisica, ma il concetto non è troppo distante da quello che voglio dirvi: l’ergonomia cognitiva è semplicemente lo studio e la valutazione dei processi cognitivi (per chi non avesse studiato psicologia: attenzione, percezione, memoria) coinvolti nell’interazione tra individuo e tecnologia, nonché l’attività di progettazione che tiene conto di questi processi.
L’evoluzione tecnologica ha portato a restringere sempre di più lo spazio dedicato al “motore” delle macchine, mentre è aumentato a dismisura quello dedicato all’interfaccia; basti pensare ai primi mainframe e agli attuali tablet e smartphone. È proprio per questo che l’ergonomia cognitiva ha assunto un ruolo fondamentale nella progettazione.
Un design centrato sull’utente
Il design progettato sull’utente mira a produrre prodotti usabili e comprensibili, ed è l’essenza degli studi dell’ergonomia cognitiva.
Il design dovrebbe:
- Far sì che risulti semplice determinare quali azioni sono possibili in qualunque momento (utilizzare quindi vincoli ed inviti);
- Rendere visibili le cose, anche le azioni alternative e i risultati delle azioni;
- Seguire le correlazioni naturali fra intenzioni e manovre richieste.
In sintesi: garantire che l’utente possa indovinare il da farsi e capire cosa sta succedendo.
Spero di non essere stata troppo sintetica, ma l’argomento è talmente vasto che un articolo su un blog sicuramente non è la forma più adatta per essere completamente esaustivi.
Comunque vi consiglio caldamente la lettura de La caffettiera del masochista di Donald Norman (da cui è tratto il titolo del mio articolo), un libro che non può assolutamente mancare nella libreria di ogni progettista, ma in generale adatto a chiunque, data la sua semplicità e chiarezza.
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